sabato 7 luglio 2012

Non c’è peggior sordo… Martedi 10 luglio tutti nuovamente a L'Aquila - Il comitato V.I.A. si pronuncia nuovamente sul progetto Forest lago di Bomba







Quando siamo stati ammessi ad esprimere davanti al Comitato regionale per la V.I.A. le ragioni del no all’impianto per l’estrazione e la raffinazione del gas a valle della diga di Bomba, oltre gli effetti di inquinamento, abbiamo sottolineato con forza gli effetti della subsidenza, ma lo abbiamo fatto ponendo tale inevitabile conseguenza dell’estrazione in relazione alla fragilità del suolo in tutta la zona circostante il lago di Bomba. Insomma abbiamo messo in luce  che tutta la zona è da sempre investita da frane e perciò l’abbassamento del suolo in seguito all’estrazione del gas può innescare fenomeni catastrofici, mettendo anche a repentaglio la stabilità del diga. E tuttavia, nella sintesi redatta dal Comitato di quanto era stato detto in sede di V.I.A., si è omesso di parlare di frane.
Agli immemori vogliamo ricordare quanto i cittadini di quel territorio sanno fin troppo bene. Per non andare troppo indietro nel tempo, cominciamo con la frana del 1819, che travolse metà del paese di Bomba.
Ci fu poi quella del 1929 ed ancora una volta mezzo paese fu trascinato a valle: fu allora che costruirono i tre ordini di arconi che continuano a sostenere l’abitato.
Nel 1973 una frana travolse il comune di Colledimezzo e costrinse l’Impresa INCISA, che stava realizzando il tratto di strada di Fondovalle Sangro, a rifare il progetto scavando una lunga galleria da Bomba a Colledimezzo.
In quell’anno era stato terminato un imponente viadotto sulla superstrada e che aveva le fondamenta in un’area detta Lago Maurino. In questa occasione i contadini della zona avevano detto ai costruttori che era una follia poggiare sul quel terreno, pieno di torrenti sotterranei, gli imponenti piloni del viadotto, ma gli ingegneri avevano risposto che sulla base delle analisi fatte il  terreno di posa risultava sicuro. Appena l’opera fu terminata, una frana sotterranea spezzò uno dei piloni centrali del viadotto che, successivamente fu fatto crollare. Sul posto restano le macerie di un viadotto spezzato in due parti, autentico monumento all’umana insipienza. Questi resti si trovano a poche centinaia di metri dall’area Forest.  Allora bisognò fare una grande curva per baipassare il viadotto e la strada è rimasta così ormai a 40 anni dal disastroso evento.
Tra il 1974 e 1975 ci fu una ennesima grande frana da Buonanotte (oggi Montebello sul Sangro) a Pennadomo che spezzò e travolse la strada di collegamento tra Pennadomo e Villa S. Maria. La strada non si è mai potuta aggiustare perché la frana è sempre in movimento.
Un’ultima frana, nel 1992, ha di nuovo investito a monte il paese di Bomba e solo per l’intervento immediato,  con numerosi mezzi meccanici, si è riusciti a circoscrivere il fenomeno franoso che aveva già lambito le prime abitazioni.
Sempre nel 92 L’AGIP rinunciò alla concessione per l’alta sismicità della zona, per l’estrema fragilità geologica del territorio e per il fondato timore di compromettere la stabilità della diga.
La strada di accesso alla diga è del tutto dissestata.
Anche la strada  ricostruita nel 2009 sul lungolago tra Bomba e Colledimezzo, per i Giochi del Mediterraneo, è per larghi tratti già franata.
E’ proprio vero che non c’è peggior sordo…
L’espressione “sfasciume pendulo” con cui Giustino Fortunato indicò la Calabria, si adatta perfettamente al territorio circostante il lago di Bomba. Per scongiurare il pericolo che le estrazioni scatenino nuove frane, la soluzione indicata dalla Forest di… aumentare il numero dei sensori, appare ridicola. Ed anzi a tal riguardo la superficialità della Forest appare sconcertante. Ed infatti intende insediarsi in un territorio di cui  mostra di non sapere nulla, tant’è vero che si affanna ad assicurare che l’abbassamento del terreno sarebbe di poco conto, ma nulla dice, nei documenti prodotti e nelle 90 pagine del ricorso T.A.R., sui pericoli derivanti dalle caratteristiche geologiche dell’area, risultanti da eventi degli ultimi due secoli.
E nelle dichiarazioni alla stampa, l’amministratore delegato Giorgio Mazzenga usa anche qualche plateale bugia, cioè che il gemello dell’impianto che  si vuole realizzare a Bomba è stato costruito a Cupello senza alcun problema. La verità l’aveva già detta in incontri con i cittadini di Bomba e cioè che un impianto similare esiste solo nel Texas, a ben 500 miglia dal più vicino centro abitato.
La Forest infine ha dichiarato alla stampa di essere restata “allibita” per i toni della manifestazione da parte degli ambientalisti davanti agli Uffici regionali. In verità di ambientalisti ce n’erano pochi, poiché si trattava soprattutto di cittadini di Bomba e del Sangro giustamente preoccupati di non essere ascoltati, come già accaduto per il viadotto.
Per tutto quanto sopra detto, siamo convinti che il comitato per la V.I.A. non si rimangerà il parere negativo espresso sul progetto in questione, salvo che voglia assumersi ben più gravi responsabilità di quelle risibili prospettate dalla Forest Oil.

sabato 17 settembre 2011

Terra bruciata PUBBLICHIAMO DA "Costituente per il Parco Nazionale della Costa Teatina"


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Per tutta l'estate ci siamo sentiti dire che avrebbero bruciato le riserve.

Questa sera, ultimo di un lungo elenco, è scoppiato un incendio DOLOSO a Punta Aderci.

E' DOLOSO perchè nulla brucia da solo dopo il tramonto.

E' DOLOSO perchè ci sono almeno tre focolai molto distanti e contemporanei.

Pochi vogliono distruggere e lo fanno senza coscienza, senza etica, senza futuro. Ingordi, avari e egoisti. Comandano nell'ombra ed altri appiccano il fuoco perchè gli hanno detto di fare così, indifferenti come chi lancia le pietre dal cavalcavia.

Sanno però di avere già perso e fanno terra bruciata come gli eserciti in fuga.

Stasera vi vogliamo solo augurare che un giorno, negli occhi dei vostri figli, finalmente possiate capire.

Noi saremo altrove, continuando assieme a costruire un mondo migliore, e voi dovrete sputarvi in faccia da soli.
Comunicato stampa Costituente VogliAmo il Parco

Fino a un paio di mesi fa il Senatore Di Stefano ripeteva ovunque di voler abrogare il Parco per legge. La risposta che gli abbiamo dato è stata semplicemente: "Se proprio ci tiene lo faccia, il suo partito è al governo". Ora vuole invece un referendum, seguito in questo da Confindustria. La risposta è ancora la stessa.
A questo punto anche noi vorremmo fare delle domande.
Come mai ci si pensa solo adesso, a 18 giorni dalla scadenza? Come mai si propone una "soluzione" che non ha alcun valore formale, trattandosi di una competenza dello Stato come già ripetuto dalla Corte Costituzionale quando bocciò il ricorso della giunta regionale di centrodestra nel 2002. Una "soluzione" che - a parte i tempi - è impossibile perché non si può chiedere un parere su una legge dello Stato; sarebbe solo uno spreco di denaro pubblico: come chiedere se si è favorevoli all'aumento dell'IVA o ai limiti di velocità (strano che un senatore non sappia certe cose).
Questo referendum quindi non si farà, e questo ci dispiace perché siamo sicuri che avrebbe dimostrato che esiste una maggioranza favorevole al Parco, chiarendo così le idee a molti.
Confindustria propone il referendum perché sembra preoccupata del perimetro del Parco. Non sa che su questo il Ministero ha chiesto da anni il parere ai Comuni, e non sono i cittadini a dover fare queste valutazioni tecniche? Sono i Comuni a scegliere se lasciare fuori l'area di stoccaggio dei furgoni o includerla in zona D. Se non lo avranno fatto il 30/9 lo farà il Ministero, a che servirebbe il referendum?
Però l'idea di Confindustria è buona. Ci sono molti settori su cui regione e comuni hanno invece potere reale, progetti che hanno pesanti impatti ambientali e sanitari di cui però i cittadini non sono mai stati informati ne tantomeno consultati dai loro amministratori. Molti di questi progetti sono sostenuti da Confindustria.
Proponiamo allora alcune consultazioni popolari, certi che Paolo Primavera e gli altri politici, una volta scelta la strada della democrazia diretta, non si tirino indietro:
La discarica di amianto di Ortona;
Il pozzo Gagliarda 1 Dir a Ortona;
La centrale turbogas di Ortona;
La ricerca di idrocarburi in Adriatico
Le centrali a biomasse di Treglio, Ortona, Vasto;
L'impianto di estrazione di gas sotto il lago di Bomba con annessa raffineria;
La centrale termoelettrica a olio di palma di Vasto;
L'apertura anticipata della caccia;
I ripascimenti;
La variazione al PRG per il resort all-inclusive di S. Vito Chietino;
Gli inceneritori per i rifiuti in tutto l’Abruzzo;
La realizzazione di nuovi porti a S.Vito e a Vasto;
e l'elenco sarebbe ancora molto lungo.
Qualcuno potrebbe però obiettare che a Torino di Sangro c'è stato un "referendum", per cui è bene informare su come sono andate le cose.
Un'impiegata scriveva nome e cognome del votante su un registro e vicino si doveva apporre una firma per il si o per il no. Chi votava dopo poteva conoscere il parere di chi lo aveva preceduto. Chiunque può accedere agli atti.
Potevano votare anche i non residenti a patto che avessero attività produttive a Torino di Sangro (non si sa come questo venisse accertato).
Il clima nei confronti dei favorevoli non era dei migliori. Eravamo allora nella fase in cui si diceva che sarebbero state requisite le terre, bloccati i trattori e chiusi i frantoi. Difficile anche aprire bocca con questi argomenti (falsi) contro.
Ci sono stati in tutto 777 votanti con 738 no e 39 si. Si tratta del 31% calcolato però sul numero ufficiale degli elettori e non sul numero di chi avrebbe potuto votare (comprendente tutti coloro con attività produttive nel Comune). Il dato vero sull'affluenza dovrebbe quindi essere molto minore ma non possiamo calcolarlo perché nessuno sa il numero di chi poteva votare.
Per confronto: ai recenti referendum nazionali, a Torino di Sangro hanno votato 1543 persone corrispondenti al 62,9% degli aventi diritto.
Ognuno può così giudicare da solo, noi facciamo solo notare che chi qualche mese fa basava la sua lotta politica sul non raggiungimento del quorum del 50% ora gioisce per un 31% ottenuto nella maniera che abbiamo descritto.
Ripetiamolo: parlare oggi di referendum serve solo a perdere altro tempo aspettando il Commissario, continuando a non prendere una decisione obbligata ma scomoda per qualcuno. Parlarne serve solo a dire: "Noi vi volevamo dare la possibilità democratica di decidere (falso) ma lo Stato ci ha imposto un'altra scelta (anche questo falso)".
La Costituente VogliAmo Il Parco

venerdì 17 giugno 2011

DAL BLOG DI MARIA RITA D'ORSOGNA: DEDICATO A CHI FA FINTA DI NON CAPIRE E NON SAPERE





ARTICOLO DELLA PROF.SSA MARIA RITA D'ORSOGNA
Cancer alley, Louisiana - 100 miglia di morte
Thursday, June 16, 2011
Cancer Alley, Louisiana
Factor that into the cost of gasoline.
Make the companies pay for that.
See how much a gallon of fuel costs.
People ask me why I do what I do.
Do I tell them the truth?
Do I tell them that I grew up hating oil companies?
Do I tell them that hatred is what fueled me?

Everywhere that oil is processed this happens.
There is a cancer alley in New Jersey.
There is a cancer alley in California
There is a cancer alley in Nigeria.
Those people suffer just as much.

Josh Tickell, Fuel the movie

La nonna che l'ha cresciuto
e' morta di cancro, a Cancer Alley in Louisiana.

Tutti conosciamo la Louisiana per lo scoppio del pozzo di petrolio Macondo, esattamente un anno fa. Ma la Louisiana e' anche lo stato americano che processa piu' petrolio, in cui ci sono piu' raffinerie, piu' monnezza tossica pro capite e forse piu' inquinamento diffuso.

La parola "alley" in inglese puo' essere tradotta in italiano come corridoio, o calle. La parola cancer invece non ha bisogno di traduzione.

Cancer Alley e' una zona di circa 100 miglia lungo il Mississippi fra le citta' di New Orleans e Baton Rouge cosi' chiamata dal 1987 perche' esiste un proliferare di morti di tumori di ogni genere, rari, infantili e comuni.

Prima era chiamata "petrochemical corridor", giusto per capire da dove vengono tutti quei tumori. Ce ne sono circa 300, fra fabbriche chimiche, di plastica, di fertilizzanti e appunto raffinerie, tutte nate sulla scia dell'industria petrolchimica.

Svariati decenni fa, una serie di incentivi fiscali, incoraggio' il proliferare di queste industrie, e questo e' il risultato: la Louisiana e' la raffineria d'America. Ci abitano 4 milioni e mezzo di persone, e producono circa 5 miliardi di rifiuti tossici l'anno.

C'e' una citta' dove i tassi di tumori rari sono 1 su settemila. La media nazionale e' 1 su milione.

Hanno malattie mai registrate prima, danni di fertilita', aborti spontanei, danni alla nascita, tutti danni "moderni" che prima non avevano. Ci sono tassi elevati di tumori ai polmoni, di colon, prostata, melanomi e seno.

Gli inquinanti hanno elevato i tassi di tossicita' nell'aria e nell'acqua.

Il livello di diossina nel sangue dei residenti di alcune comunita' e' tre volte la media nazionale.

Nella sola citta' di Convent, furono rilasciati 10 milioni di chilogrammi di tossine.

Nella citta' di Ella 2/3 della popolazione e' stata contaminata dall'arsenico e dal cloruro di vinile.

La citta' di Morrisonville era cosi' contaminata che le ditte petrolifere l'hanno comprata e rasa al suolo. Tutto quello che resta e' il cimitero che c'e' in alto.

Cancer Alley e' stata inserita nell'elenco delle zone piu' inquinate del mondo
da Greenpeace.

Delle 10 industrie piu' inquinanti della Louisiana, la maggioranza raffinerie, sette sono lungo Cancer Alley.

E chi ci abita a Cancer Alley? Purtroppo come sempre qui negli USA per le forti differenze sociali, ci abitano in prevalenza neri e latini, poveri. Spesso sono poco istruiti. Come da copione, i petrolieri - fra cui la Shell che opera una delle fabbriche piu' inquinanti - dicono che i tassi sono minori, e che la colpa e' il fumo di sigarette e tante altre belle cose.

Loro sono dei santi.

E' cosi in tutto il mondo. All'inzio pensavo che fosse solo l'ENI "cattiva" e che volesse venire fra i campi della mia infanzia a distruggere tutto. Invece e' cosi dappertutto, anche in America.

Qui immagini raccapriccianti, nel paese piu' ricco del mondo. Una cosa vergognosa.

Sta a noi cittadini saperlo prima e darci da fare. Perche' i petrolieri - e tutti gli altri tipi di speculatori a dire il vero - non guardano in faccia a nessuno. Dopo il primo pozzo viene il secondo, il decimo, il centesimo. Dopo il primo tubo, arriva il secondo centro oli, la terza raffineria.

Prima o poi arriva inevitabile la Cancer Alley.

Ecco qui, allora, il film Fuel di Josh Tickell, del 2008.

martedì 14 giugno 2011

NON CI METTONO GIUDIZIO - MENO 2 ANNI ALLE PROSSIME ELEZIONI



PETROLIZZAZIONE, CHIODI E LA SUA MAGGIORANZA A PAROLE SONO CONTRO, NEI FATTI A FAVORE
pubblicata da Carlo Costantini il giorno martedì 14 giugno 2011 alle ore 16.16

Abbiamo da poco votato in Consiglio Regionale una risoluzione urgente che avevo presentato per impegnare Chiodi a fare ricorso al Tar contro il permesso di ricerca per idrocarburi n. d.505 B.R., richiesto dalla società Petrolceltic, sul quale il Ministro dell'Ambiente ha espresso giudizio positivo. In buona sostanza l'Abruzzo avrebbe dovuto fare quello che ha fatto la Regione Puglia e quello che hanno fatto numerosi altri Comuni che si battono contro la deriva petrolifera in Adriatico.

Era un modo per costringere Chiodi e la sua maggioranza a passare dalle chiacchiere ai fatti.

L'esito del voto ha rilevato però che le chiacchiere di Chiodi e del PdL restano chiacchiere.

Hanno votato a favore del ricorso al Tar: Costantini, Acerbo, Caramanico, D'Alessandro Cesare, D'Amico, Di Pangrazio, Milano, Palomba, Paolini, Ruffini, Saia, Sclocco e Sulpizio.

Hanno votato contro: Argirò, Castiglione, Chiavaroli Federica, Chiavaroli Riccardo, Chiodi, De Fanis, De Matteis, Di Bastiano, Di Matteo, Di Paolo, Febbo, Gatti, Iampieri, Morra, Nasuti, Petri, Prospero, Ricciuti, Sospiri, Venturoni e Verì”.

sabato 11 giugno 2011

REFERENDUM - SPERIAMO CHE DIO ESISTA...


REFERENDUM: UN'ASSOCIAZIONE A FEBBO, ''A 16 ANNI GIA' VOTAVI?''

Mauro Febbo, in una lettera Giustino Zulli lo prende di mira
CHIETI - "Gli ambienti vaticani sono in forte fibrillazione: da un momento all'altro aspettano le critiche al Santo Padre dell'assessore regionale all'Agricoltura Mauro Febbo che, dopo aver bacchettato il Vescovo di Chieti Bruno Forte, sicuramente avrà preparato un duro comunicato di condanna per le parole pronunciate da papa Joseph Ratzinger sulle energie rinnovabili".
Inizia così Giustino Zulli, presidente dell'associazione politica e culturale "Chieti, Città Futura", la sua ironica lettera nella quale prende di mira Mauro Febbo che, nei giorni scorsi, aveva richiamato il titolare della diocesi teatina a una "maggiore neutralità sull'argomento referendum".
"Sembra che ci siano frenetici tentativi di mettersi in contatto, da parte del segretario di Stato del Vaticano cardinale Tarcisio Bertone, con il presidente Gianni Chiodi per implorarlo di convincere Febbo a non esternare le sue condanne. Si teme - aggiunge Zulli - un preoccupante stato di tensione tra le due sponde del Tevere che si sta cercando di evitare".
"Mauro Febbo, da fine intellettuale di destra qual è, è salito in cattedra per fare una lezioncina di storia a Bruno Forte - prosegue Zulli - ricordandogli tutti i precedenti referendum e le posizioni della Chiesa cattolica che, forse, ha dimenticato".
Quindi il passaggio più sarcastico: "Poi, aggiunge una chicca. Ricorda, da cattolico quale si professa, di aver votato contro il divorzio nel referendum del 12 e 13 maggio 1974. Mauro Febbo, come sanno gli storici che stanno raccogliendo i documenti necessari per scrivere la sua biografia per testimoniare ai posteri il contributo politico dato per la crescita del Comune di Chieti, di cui è stato assessore, della Provincia di Chieti, di cui è stato presidente e ora della Regione, di cui è assessore e di cui potrebbe essere il futuro presidente, non si sa mai, è nato il 5 ottobre 1958. Il 12 e 13 maggio 1974, quando si è votato, aveva poco meno di 16 anni".
"Evidentemente - afferma Zulli - per consentirgli di esprimere il suo dissenso per il divorzio, debbono avergli fatto una deroga 'ad Febbum'. Forse è stato questo enfant prodige della politica teatina a spianare la strada alle 'leggi ad personam' che sinora hanno consentito a Silvio Berlusconi di non presentarsi davanti ai giudici. Anche per questo - conclude - e senza tirare la tonaca a papi e vescovi, bisognerà andare a votare e votare 4 sì ai referendum che si svolgeranno il 12 e 13 giugno prossimi".
11 Giugno 2011 - 19:04 -

venerdì 10 giugno 2011

LA DEMOCRAZIA DELLA FOREST

Oggi 10 giugno abbiamo letto sui principali giornali locali che la Forest Oil, per voce del suo general manager in Italia, il signor Mazzenga, rivendicherebbe la necessità di un ulteriore confronto, per non aver potuto spiegare le proprie ragioni sul progetto di estrazione e lavorazione del gas nel comune di Bomba, durante il convegno del 5 giugno scorso.
Sarebbe rammaricata perché ai tecnici del progetto non sarebbe stato dato il modo di spiegare la totale sicurezza dell’impianto(?).
Sottolineando la propria disponibilità al dialogo, purchè civile(!).
La protesta popolare avrebbe oscurato la “limpidezza” del progetto e la propria legittimità (!!!).
Per noi, che al convegno c’eravamo, le cose sono andate diversamente.
La proprietà, nonostante le proteste vibranti, ha avuto l’occasione, unica e irripetibile, di blandire l’opinione pubblica con la propria arringa difensiva, tecnicamente ed inesorabilmente smontata dal dottor Colonna, Presidente del Comitato bombese contro la raffineria.
L’aspetto incontrovertibile della vicenda è che di fronte alla domanda “In quale altra parte del mondo esiste un impianto della Forest con le stesse caratteristiche di quello che dovrebbe sorgere a Bomba a poche centinaia di metri in linea d’aria dalle prime case?” la risposta è stata, dopo attimi di penoso silenzio, “In Texas, in pieno deserto” (!!!!!!!!)
Ciò che negli Stati Uniti si può fare nel deserto qui la Forest pretende di farlo “democraticamente” in un’area antropizzata e con il rischio della subsidenza in prossimità di una diga, con 80 milioni di metri cubi d’acqua.
Senza vergogna il signor Mazzenga e crediamo, se i nostri amministratori regionali non vogliono 5.000 persone inferocite a L’Aquila, senza speranza!